OSTEOPOROSI
Dott. Domenico Gullotta
(Specializzazione
in Ortopedia e Traumatologia ) - Fonte:
http://www.domenicogullotta.com/ARTICOLI/Osteoporosi/osteopor.htm
"Osteoporosi" è una parola che
deriva dal greco ed è formata da due termini distinti: "osteon", che
significa osso e "poros", che significa poro. Letteralmente la parola
significa osso poroso (bucato).
In effetti l'aspetto delle ossa nelle
persone colpite da questa malattia si presenta poroso, proprio per la perdita di
consistenza della massa ossea.
Con il termine osteoporosi infatti si descrive una condizione morbosa,
caratterizzata da una riduzione della massa ossea, per unità di volume di
matrice ossea, normalmente mineralizzata.
Questo fa si che il tessuto osseo
perda progressivamente la sua originaria compattezza e acquisisca un'anomala
porosità che lo rende fragile.
Il deterioramento della
microarchitettura cui consegue un'aumentata fragilità ossea, lo espone,
pertanto, ad un maggior rischio di fratture.
In questa malattia non si
riconoscono alterazioni qualitative dei vari componenti dell'osso o
anormalità nella sua composizione clinica e nella sua struttura.
Ricordiamo come l'osteoporosi sia una
malattia ossea di dimensioni mondiali, destinata a crescere con l'aumentare
della popolazione anziana, con conseguenze socio-economiche tali da
richiedere una precisa strategia d'intervento.
L'osteoporosi, perciò, è stata
dichiarata dall'Organizzazione mondiale della Sanità una "malattia
sociale". La sua diffusione è, infatti, altissima: in Italia colpisce
più di 5 milioni di persone, di cui il 30% sono donne in postmenopausa. In
Europa, Stati Uniti e Giappone si contano ben 75 milioni di persone malate di
osteoporosi e nei soli USA. la malattia provoca ogni anno circa un milione e
mezzo di fratture ossee.
Nell’individuo
anziano, pertanto, insieme alla perdita progressiva sia di sali minerali sia di
matrice ossea, si assiste ad una riduzione della massa ossea con il relativo
deterioramento della microarchitettura già ricordato; pertanto la conseguenze
più drammatiche e la causa dei gravi oneri socio-sanitari sono dunque le
fratture ed in particolare quelle temibili del collo del femore; fratture che
si possono verificare a causa dell'indebolimento dello scheletro. Questa
complicanza dell'osteoporosi è responsabile della maggior quota dei costi
relativi alla patologia.
Rappresenta,
inoltre, la più comune alterazione scheletrica ed è seconda solo all'artrosi,
come patologia dell'apparato muscolo-scheletrico nell'età avanzata.
LA STRUTTURA DELLE
OSSA
Il tessuto osseo è caratterizzato da
una struttura rigida e allo stesso tempo molto leggera. La rigidità è
importante per permettere alle ossa di sopportare il peso di carichi rilevanti,
mentre la leggerezza è essenziale per consentire ai muscoli di poter muovere
lo scheletro. I principi su cui l’osso è costruito sono tali da assicurare la
massima resistenza, accompagnata alla massima economia di materiale ed al
minimo peso. Infatti l’osso si avvicina molto alla ghisa per la resistenza alla
tensione ma pesa meno di un terzo di essa. Le sue caratteristiche di rigidità
e leggerezza coesistono grazie alla presenza, all’interno delle ossa, di due
tessuti differenti. Uno è detto "corticale" ed è compatto e resistente ai
carichi; l'altro è detto "trabecolare" e presenta una struttura porosa
per potersi adattare ai movimenti muscolari. L'80% della massa dello scheletro
è composta da tessuto compatto che forma la superficie esterna di tutte le ossa;
il restante 20% è formato da tessuto poroso rappresentato da un reticolo
rigido mineralizzante.
Il tessuto osseo, nel suo insieme, è costituito da proteine (che formano
l'impalcatura ossea), da sali di calcio (per dare rigidità e compattezza
all'impalcatura proteica) e da particolari cellule che prendono il nome di
osteoblasti e osteoclasti. Queste lavorano insieme sviluppando le
ossa nell'infanzia e nell'adolescenza, e garantendo un continuo rinnovamento
nell'età adulta. Le ossa, infatti, non sono strutture statiche ma crescono,
invecchiano, muoiono e si rinnovano. L’osso è pertanto un materiale vivente e
dinamico, che viene continuamente rinnovato e ricostruito per tutta la durata
della vita dell’individuo. Nello specifico, sono due i gruppi di cellule
svolgono le seguenti funzioni:
Gli
osteoclasti
Hanno il compito di rimuovere il tessuto osseo, privandolo prima del calcio e
poi fagocitandolo. Sono cellule abbastanza grandi e hanno un bordo esterno
molto rugoso. La parte di tessuto che vanno a scavare viene selezionata in base
alla presenza o meno di osteoblasti in superficie. La loro azione
distruttrice, però, è contrastata dagli estrogeni (ormoni femminili prodotti
dalle ovaie) che inibiscono il rilascio delle citochine (mediatori chimici che
stimolano la formazione degli osteoclasti).
Osteoblasti e
osteoclasti provvedono, pertanto, al continuo ricambio del tessuto
osseo, sostituendo la parte vecchia con nuovo tessuto. Questo meccanismo è
molto importante per la salute dell'osso poichè permette di rimediare alle
microfratture che quasi ogni giorno si producono nello scheletro.
Quando, però, l'azione degli osteoclasti (cellule distruttrici) supera quella
degli osteoblasti (cellule costruttrici) le ossa si indeboliscono, diventando
letteralmente più "spugnose". Questo avviene anche quando si hanno carenze di
calcio.
CLASSIFICAZIONE
Le osteoporosi possono essere:
A) Osteoporosi primarie
Non presentano un preciso momento
etiologico e si distinguono in:
a) involutive
- Tipo I post-menopausale
correlate alla carenza di
estrogeni che
si ha in menopausa
- Tipo II senile
correlate al processo di
senescenza ed
alla conseguente carente
produzione
di vitamina D
b) idiopatiche
(Le due forme involutive sono le più
diffuse).
Si tratta di un processo
fisiologico dovuto ad un aumento assoluto o relativo dei meccanismi di
decostruzione rispetto a quelli di neodeposizione ossea. E' un processo che
si svolge con modalità temporali differenti nel maschio o nella femmina, nel
senso che mentre nel maschio la perdita è lenta e lineare nel tempo, nella
donna esiste un'accelerazione notevole in corrispondenza dell'inizio della
menopausa.
- Le forme idiopatiche sono,
nella stragrande maggioranza dei casi, "giovanili" e si riscontrano in due
fasce di età, quella prepuberale e quella del giovane adulto. La forma
prepuberale è abbastanza rara, e può essere legata a un fattore genetico
oppure acquisito durante l'infanzia.
B) Osteoporosi secondarie
Possono essere:
- Endocrine
- Da errori nutritivi
- Ematologiche
- Iatrogene
- Da immobilizzazione
- Congenite
- Varie
Abbastanza frequenti, fra queste forme
secondarie, sono alcune endocrinopatie come
l'ipercorticosurrenalismo, l'ipertiroidismo, l'iperparatiroidismo,
l'ipogonadismo, l'iperprolattinemia, l'acromegalia ed il diabete mellito
insulino-dipendente. La forma più importante è quella prodotta dai
glicocorticoidi, che compare sia in corso della sindrome di Cushing che come
conseguenza di un uso prolungato di corticosteroidi. Altra causa di
osteoporosi è quella dovuta a errori nutritivi come lo scorbuto, il
deficit proteico, l'ipervitaminosi A o D, l'alcoolismo e l'anoressia nervosa.
Nelle cause ematologiche che possono provocare questa patologia
ritroviamo il mieloma, i linfomi e le leucemie, la mastocitosi e le
talassemie. Nelle cause iatrogene di osteoporosi sogliamo annoverare
l'abuso di quei farmaci che possono indurre osteopenia. Altra importante
causa di osteoporosi secondarie è quella dovuta ad immobilizzazione
che può essere generalizzata (riposo a letto, paraplegia, volo
spaziale) o localizzata (post-frattura). Vediamo che la massa ossea muta in
risposta alle sollecitazioni meccaniche. A seguito di un'immobilizzazione,
la massa ossea diminuisce marcatamente e rapidamente, con decremento
proporzionale sia della matrice ossea che della componente minerale.
Le forme congenite di
osteoporosi secondarie sono dovute a: osteogenesi imperfetta, omocistinuria,
lisinuria e malattie congenite del connettivo (Marfan, Ehlers-Danlos).
Per concludere: è stato riscontrato
che, osteoporosi secondarie si possono manifestare anche in corso di malattie
croniche come le epatopatie, le nefropatie e il diabete mellito.
FATTORI DI RISCHIO
I fattori di rischio, che
contribuiscono all'instaurarsi e all'aggravarsi dell'osteoporosi involutiva,
sono molteplici e possono essere così riassunti:
L'ereditarietà
I medici considerano ormai come fatto assodato la possibile ereditarietà
dell'osteoporosi. È più facile, infatti, che la malattia si instauri in chi ha
genitori con lo stesso problema. In questi casi è perciò molto importante
attuare serie forme di prevenzione.
La menopausa
Nel periodo della postmenopausa, la perdita della massa ossea avviene in maniera
molto più rapida rispetto all'età in cui la donna è ancora fertile. La
produzione di estrogeni è, infatti, più bassa e questo impoverisce
rapidamente il tessuto osseo. In questo periodo della vita è utile, pertanto,
sottoporsi ad una terapia ormonale sostitutiva.
Una menopausa chirurgica
(asportazione di entrambe le ovaie) determina una immediata riduzione degli
estrogeni e quindi una rarefazione ossea più veloce. Una menopausa precoce
(prima dei quarantacinque anni) può determinare una riduzione della massa
ossea con qualche anno di anticipo rispetto a quanto avviene normalmente.
Poco calcio
nella dieta
La carenza nutrizionale di calcio viene riconosciuta come fondamentale fattore
di rischio nella perdita di massa ossea e, quindi, nell'insorgenza
dell'osteoporosi. Il calcio, infatti, è il minerale più presente nel nostro
organismo e la maggior parte di esso (99%) si trova proprio nelle ossa. Se
l'assunzione di calcio è insufficiente si ha una mineralizzazione ossea
inadeguata nei giovani e una perdita di densità e massa ossea negli adulti e
negli anziani.
La vita
sedentaria
La rigenerazione delle ossa può avvenire in modo opportuno solo se la massa
scheletrica può svolgere il suo compito fondamentale: sostenere il corpo
durante i movimenti; pertanto una moderata attività fisica permette un’adeguato
rinnovo ed il mantenimento dell’osso nel nostro organismo. L’osso di
conseguenza può conservare le sue singolari caratteristiche, infatti unisce
alla massima resistenza una massima economia di materiale e con un minimo peso.
Si ricorda come la resistenza alla tensione dell’osso sia simile e si
avvicini molto a quella della ghisa, mentre pesa meno di un terzo. La
sedentarietà, invece, priva l'osso dello stimolo a rigenerarsi e lo rende
fragile e debole.
La magrezza
eccessiva
Chi è troppo magro ha più probabilità di andare incontro alla malattia, poiché
la massa ossea (secondo numerosi studi) cresce in proporzione all'aumento di
peso. Le motivazioni non sono ancora del tutto chiare; pare che il motivo sia
dato dal fatto che i cuscinetti adiposi permettono una maggiore e più regolare
produzione di estrogeni. Il sovrappeso moderato (5% di peso in più rispetto al
peso ideale), al contrario, pare che riesca a ridurre il rischio di
osteoporosi.
L'abuso di
fumo, alcool e caffeina
Il fumo di sigaretta aumenta il rischio di contrarre la malattia in quanto
anticipa l'età della menopausa e, in genere, determina un calo di peso
corporeo.
L'alcool, invece, ostacola
l'assorbimento del calcio introdotto con l'alimentazione e, come già detto
sopra, un deficit di questo minerale predispone all'osteoporosi. Infine, la
caffeina aumenta le carenze di calcio poichè ne incrementa l'eliminazione con
l'urina e le feci. Anche in questo caso, però, i meccanismi non sono ancora
del tutto noti.
L'uso
protratto di cortisone
I farmaci contenenti cortisone, a lungo andare, possono determinare una
diminuzione della massa ossea e quindi predisporre alla malattia. Questo perchè
i cortisonici, nella loro azione antinfiammatoria, inducono l'organismo ad
eliminare elevate quantità di calcio.
L'uso di
farmaci anticoagulanti
Sono assunti, in genere, dalle persone che soffrono di cuore e di disturbi
venosi, poichè impediscono al sangue di coagularsi. Questi farmaci, però,
agiscono negativamente sul metabolismo osseo e, di conseguenza, favoriscono la
comparsa precoce dell'osteoporosi.
L'uso di
antiacidi a base di alluminio
Largamente utilizzati dalle persone con problemi gastrici (ulcere,
gastriti,ecc...), questi farmaci favoriscono l'indebolimento delle ossa.
L'utilizzo di
farmaci antiepilettici
Sono essenziali per chi soffre di epilessia; possono, però, agire negativamente
sul metabolismo delle ossa.
L'assunzione
di alcuni diuretici
Anche questi farmaci, utili a chi ha problemi legati alla produzione ed
espulsione delle urine, favoriscono l'indebolimento osseo.
Le cure con
ormoni della tiroide
Questi farmaci sono indispensabili per la vita delle persone che soffrono di
problemi alla tiroide, ma agiscono negativamente sul metabolismo delle ossa.
A fianco dei fattori che inducono
all'osteoporosi, esistono anche
fattori che proteggono
dal rischio di contrarre la malattia:
L'allattamento
Le donne che allattano in maniera naturale e per periodi prolungati presentano
una massa ossea migliore rispetto a chi non ha mai allattato. Probabilmente
l'aumento della massa delle ossa è spiegato dall'innalzamento dei livelli di
estrogeni.
L'attività
fisica
Chi cammina almeno 45 minuti al giorno per tre volte a settimana. Ha una massa
ossea superiore rispetto alle persone che non si muovono quasi mai. L'attività
fisica, pertanto, viene considerata come un importante fattore di prevenzione.
INVECCHIAMENTO E
PERDITA OSSEA
Il tessuto osseo, sia corticale che
trabecolare, è per tutta la vita interessato da processi di rimaneggiamento
che ne consentono la crescita, l'adeguamento alle richieste meccaniche e la
riparazione dei possibili danni derivanti dagli stress che è chiamato a
sopportare.
Malgrado l'apparente staticità, il
tessuto osseo è quindi sede di un'intensa e continua attività metabolica,
svolta dagli osteoblasti, osteoclasti e osteociti. Attività che non solo è
rivolta alle sopra riportate esigenze strutturali dell'osso, ma che
contribuisce in modo determinante all'omeostasi degli ioni minerali dei
liquidi biologici, per intervento degli ormoni calciotropi, che, attraverso la
loro azione sulle cellule ossee, possono prelevare o depositare minerali, in
particolare calcio, in relazione alle esigenze metaboliche dei diversi momenti.
L'insieme delle attività cataboliche
ed anaboliche determina il bilancio scheletrico, che risulta positivo negli
anni della crescita fino ai 25-30 anni, epoca in cui si raggiunge il cosiddetto
picco di massa ossea.
Durante l'età adulta, ed in condizioni
fisiologiche, il bilancio scheletrico è sostanzialmente in equilibrio. Va però
osservato che nella donna, durante la gravidanza e l'allattamento, esiste,
fisiologicamente, un maggiore fabbisogno di calcio. Questa aumentata
richiesta fisiologica di calcio costituisce il cosiddetto stress calcico,
che può indurre una negatività nel bilancio scheletrico.
Sulla base di numerosi studi appare
ragionevole ammettere che la perdita scheletrica sia caratterizzata da uno
squilibrio metabolico connesso all'invecchiamento, quale si può osservare nel
sesso maschile. Nel sesso femminile, si aggiunge un'ulteriore perdita ossea
legata alla menopausa ed alle complesse alterazioni endocrino-metaboliche che
ne conseguono. La donna presenta quindi un periodo che dura circa 10-15 anni, a
partire dalla menopausa, durante il quale la riduzione del patrimonio
scheletrico è piuttosto rapida e particolarmente pericolosa tale da
configurare una sindrome osteoporotica.
QUADRO CLINICO
Il quadro clinico dell'osteoporosi
involutiva, post-menopausale e senile, è caratterizzato da una prima fase
silente, in cui le manifestazioni sono scarse. E' un periodo di latenza
che precede l'esordio dei sintomi e/o delle complicazioni. Spesso
l'osteoporosi può decorrere del tutto asintomatica e manifestarsi solo con la
comparsa di facili fratture.
L'osteoporosi, purtroppo, non
determina nessun sintomo fino a che non si verifica la frattura delle ossa.
Per questo viene anche denominata
"malattia silenziosa"; è comunque possibile individuare alcuni segnali
d'allarme rivelatori della patologia:
Dolori
muscolari
Si verificano a causa del collasso delle vertebre. I muscoli della schiena,
dovendo sostenere la metà superiore del corpo, si contraggono innaturalmente,
provocando il dolore.
Dolore cronico
alla colonna vertebrale
Può avere delle forme acute localizzate nella parte inferiore del torace e in
quella alta lombare quando si svolgono sforzi eccessivi, movimenti bruschi o
se si subiscono dei piccoli traumi.
Dolore a
girarsi nel letto
Le fitte, in questo caso, si attenuano solo quando si rimane immobili.
Diminuzione
dell'altezza
Dovuta ad una incurvatura della schiena. Si verifica, di solito, una cifosi
(curvatura nella parte superiore della schiena); in alcuni casi si arriva
persino ad osservare una deformazione e un abbassamento della cassa toracica.
Il dolore, pertanto, è un sintomo
incostante e di intensità variabile da paziente a paziente. L'esordio è
caratterizzato da una sintomatologia dolorosa, sorda e leggera, che spesso
insorge dopo protratta stazione eretta o seduta. Esso è, comunque, il sintomo
tipico dell'osteoporosi e compare in fase avanzata, essendo secondario
rispetto alle microfratture della spongiosa ossea.
Nell'osteoporosi il dolore ha delle
caratteristiche peculiari che possono aiutare a differenziarlo dal dolore
provocato da altre cause, in particolare da quello artrosico. Origina da
strutture ossee con alta percentuale di osso spugnoso e sottoposte a carico,
come le vertebre dorsali e lombari e le ossa tarsali. Il riposo a letto
determina, a volte, una completa remissione della sintomatologia dolorosa; la
remissione è però temporanea: il dolore ricompare quando si ritorna in
stazione eretta o seduta. Anche i piccoli movimenti nel letto, per cambiare la
postura, sono responsabili di una riaccensione della sintomatologia dolorosa.
Il quadro clinico può esordire o può
arricchirsi in seguito alla comparsa delle fratture a livello dei corpi
vertebrali toracici e lombari, delle coste, dell'epifisi prossimale dell'omero,
dell'epifisi distale del radio e di quella prossimale del femore.
Le fratture, che interessano il corpo
vertebrale, sono responsabili della riduzione staturale che si osserva in
questi pazienti. Quando vengono coinvolti i corpi delle vertebre dorsali si
accentua caratteristicamente la cifosi dorsale.
FRATTURE
NELL'OSTEOPOROSI
La conseguenza più temuta
dell'osteoporosi restano, però, le fratture. Infatti, quando le ossa
della colonna vertebrale sono indebolite dall'osteoporosi, basta un semplice
movimento per rischiare di procurarsi una frattura.
Movimenti a rischio sono piegarsi in
avanti per raccogliere qualcosa o per rifare il letto, oppure facili cadute in
casa alzandosi da una sedia, inciampando in un gradino o scivolando nel bagno o
nella doccia. In realtà basta soltanto un movimento brusco per determinare la
lesione ossea ed un traumatismo, anche minimo, può però determinare importanti
fratture scomposte che necessitano di interventi chirurgici di stabilizzazione
o di osteosintesi.
Circa il 7% delle donne della
popolazione bianca di 60 anni subisce una frattura per questi futili motivi ma a
80 anni tale percentuale raggiunge il ragguardevole valore del 25% e non esiste
più quella differenza fra sesso femminile e maschile che faceva più colpite le
donne da questo evento.
Le ossa maggiormente soggette a rompersi sono le ossa del collo del femore, del
collo dell’omero, quelle del polso e delle vertebre. Tuttavia, tutte le
ossa dello scheletro possono fratturarsi a causa dell'osteoporosi. Le persone
più esposte a questi pericoli sono le donne, che hanno il 27% di probabilità in
più di fratturarsi rispetto agli uomini. Nelle donne, infatti, la massa ossea
inizia a diminuire a partire dai 35-40 anni a causa dell'invecchiamento
fisico. Inoltre le donne sono dotate naturalmente di una massa ossea minore
rispetto a quella degli uomini: verso i 50 anni le donne presentano il 15%
circa di osso compatto in meno rispetto agli uomini. Più passa il tempo e più
queste differenze aumentano poichè con l'arrivo della menopausa cessa, nelle
donne, la produzione di estrogeni. Anche gli uomini, però, corrono dei rischi:
dopo i 60 anni il pericolo di andare incontro all'osteoporosi e alle fratture è
identico in entrambi i sessi.
La frattura che si presenta più frequentemente nelle persone affette da
osteoporosi è sicuramente quella del polso, perchè nel cadere si è portati ad
attenuare la caduta appoggiando le mani. È utile pertanto suggerire al paziente
a rischio una serie di consigli da seguire per minimizzare il rischio di
caduta:
Come evitare
le cadute
· Evitare sforzi, piegamenti e
movimenti bruschi, ma svolgere una moderata attività fisica quotidiana;
· Stare attenti ai pavimenti
bagnati (usare tappeti di gomma vicino al lavandino).
· Un letto troppo alto può
rappresentare un’ulteriore causa di cadute per affrontarvi la salita o la
discesa.
· Usare scarpe comode con suole
di gomma o antisdrucciolo e con tacchi non troppo alti.
· Fissare i tappeti al
pavimento.
· Illuminare bene le scale e
dotarle di un corrimano.
· Sistemare delle maniglie in
posti strategici (vicino alla doccia, alla vasca, ai sanitari, ecc...).
· Usare tappetini di gomma
nella doccia e nella vasca da bagno.
· Evitare i cavi elettrici che
attraversano il pavimento con i quali si rischia di inciampare.
· Controllare se i farmaci che
si assumono causino vertigini.
· Fare esercizi appositi per
migliorare la motilità, l'agilità e l'equilibrio.
· Evitare gli sforzi troppo
bruschi.
· Controllare spesso la vista
(spesso si cade perchè non si vede bene) e, se necessario, indossare occhiali o
lenti da vista.
Inoltre si sottolinea il concetto che
è necessario seguire sempre un'alimentazione equilibrata e variata, in
grado di assicurare un corretto apporto di vitamine e minerali.
Bisogna dare rilievo al fatto che
nelle fratture dei pazienti osteoporotici assume una notevole importanza il
progressivo deteriorarsi dei meccanismi riflessi di difesa dalle cadute
che compare negli anziani. Infatti, con il venir meno di questi riflessi, in
caso di cadute l'impatto con il terreno non è più sufficientemente protetto e
pertanto può provocare più facilmente fratture. Infatti, al contrario di una
persona giovane, una persona anziana osteoporotica, soprattutto se soggetta ad
altre invalidità, può andare incontro ad insicurezza nel camminare o turbe
dell’equilibrio date da conflitto “sensoriale” o da possibili deficit
neurologici. Si manifesta inoltre la caratteristica rigidità e limitazione
artrosica dovuta alla progressiva degenerazione osteo-articolare. L’anziano
tende, pertanto, a cadere più facilmente e non può più contrastare, come si
verifica nel giovane, la violenza di una caduta con l’elasticità.
Le non meno rilevanti turbe della
deambulazione caratterizzano spesso nell'anziano una particolare andatura
precauzionale con necessità di appoggi o un'andatura per così dire disturbata
caratterizzata da un passo corto, con base allargata, i movimenti degli arti
si fanno lenti ed esitanti e da un già ricordato equilibrio precario. Con
l'avanzare dell'età non bisogna dimenticare che vi è la tendenza a diminuire la
validità dei riflessi posturali che regolano il mantenimento della stazione
eretta, l'equilibrio e la deambulazione. La velocità di risposta ai segnali
diminuisce progressivamente con l’invecchiamento (combinazione della velocità
di reazione e del tempo di movimento). Il rallentamento alla risposta è
particolarmente marcato se il soggetto deve eseguire un compito complesso o
operare una distinzione fra diversi segnali contrastanti. Ricordiamo come i
compiti, che richiedono una elaborazione faticosa per compiti complessi, siano
correlati all’efficienza fisica spesso deficitaria in questi soggetti.
Si arriva così ad una caduta non
protetta, con un effetto più violento su un sistema scheletrico depauperato,
già di massa ridotta a causa dell’osteoporosi.
Nella patologia osteoporotica
pertanto, a causa della maggiore fragilità ossea, è più facile che si
manifestino delle fratture in corso di traumatismi che normalmente non
determinano lesioni ossee. Quando la massa ossea ha raggiunto la soglia di
frattura perciò, anche un trauma minimo, che generalmente non determina alcun
danno, potrà provocare una o più fratture. Ne consegue che i soggetti affetti
da osteoporosi si fratturano con maggiore facilità rispetto ai soggetti non
osteoporotici di pari età.
Le fratture
osteoporotiche
più
caratteristiche
sono,
come è già stato ricordato, quelle del polso (frattura di Colles),
quelle della testa e del collo dell’omero, della colonna
vertebrale dorsale e lombare e mediali e laterali del collo del femore.
La frattura del
polso è la meno grave, ma nelle persone anziane provoca
conseguenze che spesso vengono sottovalutate.
Con la sua tipica deformità a dorso
di forchetta (frattura di Colles) è la frattura più comunemente osservata
nelle persone anziane affette da osteoporosi, perchè nel cadere si è portati ad
attenuare la caduta appoggiando le mani.
La tipica deformità a dorso di
forchetta risulta dalla combinazione di tre componenti:
1. accorciamento del radio;
2. angolazione dorsale;
3. deviazione radiale
(radializzazione) del frammento distale.
Spesso questa frattura necessita di
una o più riduzioni, seguite da 4-6 settimane di immobilizzazione in gesso,
per ottenere una riparazione soddisfacente. In una piccola percentuale di
casi, in cui la frattura scomposta sia instabile e la riduzione incruenta
insoddisfacente, il trattamento chirurgico sarà inevitabile e mirato alla
stabilizzazione della frattura stessa mediante l’osteosintesi con l’apposizione
di fili di Kirschner, utilizzati allo scopo di mantenere l’allineamento.
Comunque, nella maggior parte dei
pazienti in età avanzata, dovrà essere evitato il trattamento chirurgico
specie a cielo aperto. Una tumefazione ed un malallineamento di qualche
entità sono tollerabili anche se si avrà una modesta limitazione funzionale
permanente.
Nel 5-10% dei casi questo tipo di
frattura si associa a lesioni del nervo mediano che saranno evidenziate
all’EMG. In questi casi i disturbi legati ad una sintomatologia dolorosa ed
alla presenza di disestesie nel territorio autonomo del mediano alla mano,
saranno persistenti e di lunga durata.
E’ sicuramente la meno preoccupante,
in quanto non necessita di ospedalizzazione poiché, il paziente, comunemente,
non viene operato, ma trattato ambulatoriamente con apparecchio gessato, dopo
la riduzione in narcosi o anestesia locale se necessario; comunque, nonostante
sia la più banale delle fratture nell’osteoporosi, è frequente che il suo esito
sia una deformazione permanente del polso con una discreta rigidità e
limitazione in flesso-estensione. E’ stato accertato che esiste un’ampia
percentuale (20-30%) di tale deformità recidiva, nonostante ne sia stata
eseguita una adeguata riduzione. La limitazione funzionale residua di modesta
entità è regola in questi casi.
Le fratture
vertebrali provocano di solito dolore acuto nella sede di frattura.
Il picco di frequenza delle fratture vertebrali si osserva nell’ambito dei
segmenti che sono esposti a particolare carico. Nella maggior parte dei casi si
verificano al vertice della cifosi dorsale, al tratto dorso-lombare e alla
colonna lombare ed hanno la durata di circa 2-3 settimane. Successivamente la
sintomatologia dolorosa può risolversi completamente oppure può persistere
un dolore cronico in sede dorso-lombare con limitazione della motilità. A
livello dorsale il dolore è solitamente ben localizzato, irradiato
bilateralmente a fascia e può essere riacutizzato da colpi di tosse oppure
dalla digitopressione sulle apofisi spinose delle vertebre fratturate. Le
fratture vertebrali "a cuneo" o “da schiacciamento” possono
verificarsi spontaneamente o, come asserivamo, a seguito di eventi
traumatici anche minimi.
Sono responsabili dell'incremento
della cifosi dorsale e di una conseguente riduzione staturale. Qualora siano
interessate più vertebre dorsali è possibile una compromissione della
dinamica respiratoria.
Il dolore e la compromissione della
dinamica respiratoria sono tipici anche delle fratture costali che
con una certa frequenza compaiono in questi pazienti.
A livello lombare le fratture sono più
frequentemente da "schiacciamento" e sono responsabili, oltre che di una
riduzione della statura, di una spiccata sintomatologia dolorosa con rigidità
articolare e limitazione funzionale.
Frequentemente è presente una
spiccata limitazione antalgica dei movimenti del rachide e una protrusione
dell'addome in seguito alla riduzione dell'altezza della cavità
addominale.
Le fratture della testa e del
collo dell’omero, come nel caso delle fratture di Colles, si
verificano nei soggetti sofferenti di osteoporosi e si possono considerare
altresì come fratture che si verificano in un “osso fragile”. Nella maggior
parte dei casi la causa è rappresentata da meccanismi indiretti,
essenzialmente la caduta inciampando con mano iperestesa e gomito esteso. La
risultante forza assiale e torsionale viene trasmessa alla spalla attraverso
l’omero causando le caratteristiche fratture. L’osso osteoporotico è
maggiormente vulnerabile specie alle forze di torsione ed è più facilmente
soggetto a cedere per traumi indiretti in torsione.
Il meccanismo causale della frattura è
in grado di determinare spesso la scomposizione dei frammenti.
Le fratture sub-capitate dell’omero
vengono trattate solo in modo funzionale-conservativo, quando la diafisi è
stabilmente inserita nella testa dell’omero. L’immobilizzazione del braccio in
fasciatura secondo Desault è opportuna solo per un breve periodo di
tempo, data la sintomatologia dolorosa. Per fratture più importanti sarà
necessario un trattamento sempre conservativo, però con gesso in abduzione
toracica che richiede l’immobilizzazione anche per lunghi periodi di tempo e
pone, naturalmente, una quantità di problemi. Perciò bisogna valutare
attentamente l’utilità ed il periodo di tempo della cura con gesso visto che i
pazienti da trattare sono anziani.
Le fratture dislocate, invece,
mostrano un’instabilità di alto grado e un trattamento conservativo dà risultati
insoddisfacenti. E’ richiesta pertanto una stabilità che solo un’osteosintesi
può dare. In questi casi vengono fatti passare percutaneamente, attraverso la
corticale diafisaria dell’omero, più fili di Kirschner che, passando
trasversalmente sopra la frattura, vengono ancorati alla testa dell’omero.
Anche la lussazione della testa
omerale, associata alla frattura dell’estremo prossimale dell’omero e/o alla
rottura della cuffia dei rotatori, impone una immediata riduzione cruenta e una
riparazione chirurgica, che esigeranno, successivamente, un più impegnativo
trattamento riabilitativo. Ciò porterà difficilmente, specie in questi soggetti
anziani, ad un completo ripristino della motilità articolare della spalla.
La frattura del
collo del femore è sicuramente la più grave tra le fratture che si
verificano nell'osteoporosi e presenta una elevata incidenza di mortalità e
morbilità. Il tipo di frattura che si manifesta con maggior frequenza è
quella pertrocanterica del collo femorale.
Si tratta di una frattura che richiede
sempre l'ospedalizzazione e che necessariamente,
per essere ridotta e sintetizzata,
deve essere trattata chirurgicamente con notevole disagio per il paziente.
Le fratture del collo femorale
possono essere distinte in mediali e laterali, essendo le prime
intracapsulari e le seconde extracapsulari. Per quelle mediali
si preferisce sostituire solo l’intera testa del femore con una endoprotesi
d’anca, o sostituire sia testa del femore che cavità acetabolare, con una
artroprotesi d’anca. Per quelle laterali si preferiscono mezzi di
osteosintesi come i chiodi di Ender
o chiodi gamma o supernail.
Per meglio
comprendere i motivi di scelta di questi mezzi di sintesi bisogna
ricordare la vascolarizzazione dell’estremità superiore del femore. Spesso
nelle fratture mediali è compromessa la vascolarizzazione della testa e del
collo femorale, in quanto viene ad essere interrotto l’apporto ematico,
derivante dall’arteria circonflessa del femore, interessata dalla rima di
frattura. In questo caso, intervenendo con mezzi di
osteosintesi quali le viti cannulate o le placche angolate o i chiodi,
sarà molto probabile una necrosi asettica della testa del femore.
E’ perciò preferibile intervenire
con un’endo- o artroprotesi che annulla questo probabile rischio.
Inoltre usando le endoprotesi o le
artroprotesi cementate, indicate in pazienti anziani sopra i 65 aa. di età,
con osso poco consistente a causa dell’osteoporosi si avrà il notevole vantaggio
di un recupero articolare in tempi brevi…
…e la non trascurabile possibilità di
far deambulare il paziente con ausilio di parallele o due appoggi
antibrachiali potendo concedere un carico progressivo già dopo qualche giorno
dall’intervento.
Sarà possibile in tal modo scongiurare
tutte le complicanze dovute ad un’immobilizzazione prolungata,
altamente dannosa per un soggetto in età avanzata.
DIAGNOSI
La diagnosi dell'osteoporosi si avvale
di svariate metodiche laboratoristiche e strumentali. Innanzi tutto sono molto
importanti gli esami laboratoristici che mirano a valutare
eventuali variazioni della calcemia, della fosforemia, della
idrossiprolinemia e delle loro concentrazioni urinarie. Negli esami
laboratoristici bisognerà valutare eventuali variazioni del paratormone e
della calcitonina.
Nelle metodiche di diagnostica
strumentale annoveriamo la radiologia tradizionale, che assume
notevole importanza per il fatto che ci permette di evidenziare la diffusa
demineralizzazione ossea con prevalenza a livello vertebro-pelvico. Ci
permette di evidenziare l'aumentata radiotrasparenza dovuta al minore
contenuto calcico dell'osso e la riduzione dello spessore corticale.
Permette di evidenziare le fratture dei corpi vertebrali e la
deformazione degli stessi ad aspetto concavo o a lente biconvessa per
minore resistenza. Un importante dato che può essere evidenziato è l'indice
di Singh che valuta la struttura ossea a livello del collo femorale
evidenziando la scomparsa dei sistemi trabecolari compressivi, tensivi e del
grande trocantere.
Effettuare una diagnosi precoce
dell'osteoporosi è molto difficile perchè questa malattia compare in modo molto
silenzioso. Spesso si scopre la sua esistenza tramite radiografie effettuate
per tutt'altri motivi. È necessario, quindi, sottoporsi a determinati esami,
consigliati soprattutto alle donne e agli uomini particolarmente esposti al
problema.
L'esame indispensabile per valutare lo stato di salute delle ossa prende il nome
di densitometria ossea
e consente di stabilire il livello di densità ossea prima che si verifichi una
frattura. Inoltre permette di individuare la quantità di perdita di tessuto
osseo (monitorando gli effetti dei trattamenti che si stanno seguendo) e di
prevedere i futuri cambiamenti del tessuto osseo (e quindi il rischio di
fratture negli anni a seguire). Le ossa che più di frequente vengono sottoposte
a questo esame sono quelle maggiormente soggette alle fratture da osteoporosi:
le ossa dell'avambraccio (radio e ulna), il femore e le vertebre.
I risultati che si ottengono vanno confrontati con i valori standard (basati sul
sesso, l'età e la struttura della persona) e con i valori di massima densità
ossea stimati per un adulto sano dello stesso sesso.
Oltre alla densitometria ossea esistono altre 3 tecniche di più recente
introduzione. Questo tipo di indagini fa parte della Mineralometria Ossea
Computerizzata (MOC). Tutte si basano sullo stesso principio:
una sorgente radioattiva emette un fascio di fotoni (particelle luminose)
che quando attraversa i tessuti perde energia.
La valutazione del turnover
scheletrico può essere eseguita con l'impiego di sostanze radioattive che, una
volta introdotte nell'organismo, hanno la caratteristica di venire fissate e
metabolizzate a livello osseo, fornendo in tal modo indicazioni sul turnover
osseo. E' la metodica utilizzata nella scintigrafia ossea.
TRATTAMENTO
La prevenzione rappresenta l'approccio
più razionale e moderno al problema dell'osteoporosi e la diagnosi precoce ne
costituisce uno dei fondamenti indispensabili.
Le strategie d'intervento terapeutico
devono affrontare il problema su diversi fronti. Da un lato il trattamento si
basa sull'intervento sullo stile di vita. Occorre la sensibilizzazione
sull'importanza di un'alimentazione con un adeguato apporto di calcio,
di vitamina D e ricca in proteine, e di una costante attività fisica,
soprattutto nell'età adolescenziale, -momento in cui si forma il bagaglio
osseo dell'individuo-, ma anche nell'età post-menopausale e nella terza età.
Bisogna evitare l'immobilizzazione e favorire, con movimenti attivi e
passivi, il trofismo osseo. Oltre all'alimentazione povera di calcio, di
vitamina D e alla vita sedentaria, dovranno essere evitati, quali fattori a
rischio, una scarsa esposizione ai raggi solari, il fumo, l'abuso di alcool
e caffè, lo stress.
Corsetti ortopedici
Qualora siano evidenziate
radiologicamente le fratture vertebrali “a cuneo” o “da
schiacciamento”, tipiche dell’osteoporosi, sarà necessario consigliare al
più presto al paziente un corsetto ortopedico in stecche e stoffa,
lombare o dorso-lombare con spallacci in dipendenza della sede della frattura.
Ciò al fine di scaricare
parzialmente le vertebre dorso-lombari, andate incontro alle lesioni
osteoporotiche, proteggere la colonna vertebrale contenendo ulteriori
cedimenti vertebrali e ridurre altresì la sintomatologia dolorosa.
In queste forme croniche dolorose del
rachide, i corsetti ortopedici possono attuare efficacemente un valido supporto
allo sforzo muscolare. E’ comunque consigliabile insistere sull’effettuazione
di esercizi di flessibilità e di rafforzamento della muscolatura che agisce
sulla colonna in quanto, mettendola a riposo, si avrà come conseguenza
un’ipotonotrofia muscolare non desiderata. Il sostegno lombare, oltre
all’utilità del trattamento in caso di cedimenti vertebrali, è un valido
strumento nei casi in cui sia necessario aiutare a mantenere una postura
obbligata come spesso si verifica nel paziente spondiloartrosico e
osteoporotico con rachialgia cronica.
Effettuano inoltre una valida azione
di sostegno sulla muscolatura addominale ed un efficace effetto di richiamo
alla postura corretta in pazienti che, di solito, sono atteggiati in ipercifosi
dorsale e col capo anteposto a causa del danno vertebrale che comporta la
deformazione da schiacciamento più o meno importante a carico delle
vertebre dorsali e anche lombari.
Prevenire si può
Uno stile di vita sano ed equilibrato, da iniziare in giovanissima età, aiuta, e
molto, ad allontanare il rischio che insorga l'osteoporosi. Ecco alcune
precauzioni per ritardare il più possibile la comparsa della malattia:
· Una
dieta adeguata
L'alimentazione, sia nell'adulto, sia nel bambino, è di fondamentale importanza
per mantenere sane le ossa dello scheletro. La prima regola da seguire è quella
di introdurre una grande varietà di alimenti contenenti calcio. Il
minerale, infatti, è il maggior componente del tessuto osseo (99%) e svolge
quindi un ruolo importante nella prevenzione dell'osteoporosi. Il fabbisogno di
calcio giornaliero varia a seconda dell'età. Una fase particolarmente critica
è l’adolescenza: tra i 15 e i 20 anni, infatti, la crescita delle ossa si
completa e si ha un primo consolidamento dello scheletro. Un altro periodo
delicato è la gravidanza, poichè il nascituro deve accumulare circa 30 grammi
di calcio al giorno, soprattutto negli ultimi tre mesi di gestazione. Anche
l'allattamento è una fase della vita in cui il fabbisogno di calcio aumenta; la
donna che allatta, infatti, spende circa 160-300 mg di calcio materno al giorno
per al produzione di latte. Infine è importante assumere elevate quantità del
minerale anche quando si è in peri e post menopausa.
RUOLO DI
CALCIO e FOSFORO
1) CALCIO
Perchè il calcio possa
essere reso disponibile, però, è necessario che sia assorbito attraverso un
meccanismo particolare. Questo si verifica prevalentemente nel duodeno ed è
direttamente regolato dalla vitamina D. Il comportamento del nostro
organismo nell’assorbire il calcio, però, non è lineare. Più precisamente il
sistema di assorbimento prevede che tanto più calcio
viene introdotto con la dieta, minore risulta l'assorbimento del minerale da
parte dell'intestino. Se la dieta, invece, è povera di calcio,
l'intestino ne assorbe in quantità maggiori. Questo strano meccanismo,
inoltre, aumenta con il passare degli anni: i bambini, per esempio, assorbono
fino al 75% del calcio ingerito, mentre gli anziani ne riescono ad assorbire
solo il 20-40%.
In quali alimenti, però, è possibile trovare il minerale? Una buona fonte di
calcio sono il latte ed i suoi derivati. Le persone che ogni giorno consumano
almeno 1/4 di litro di latte e almeno 1/2 etto di di formaggi introducono circa
90 mg di calcio. Anche alcune verdure a foglia contengono molto calcio: le più
importanti sono i broccoli e i cavoli. Vi sono, poi, alcuni tipi di pesce che
non vanno trascurati; tra questi ricordiamo le alici, il salmone e le sardine.
Non bisogna dimenticarsi della frutta secca, dei cereali integrali, della soia e
dei legumi. Una dieta ricca di questi alimenti dovrebbe coprire il fabbisogno
di calcio giornaliero.
La tabella che segue riporta il
contenuto in mg di calcio e fosforo per 100 gr di alimento per avere un’idea del
loro contenuto per ciascuno degli alimenti riportati come esempio:
ALIMENTO 100 gr. |
CALCIO |
FOSFORO |
Grana |
1310 mg |
750 mg |
Pecorino |
1160 mg |
675 mg |
Emmenthal |
1145 mg |
700 mg |
Fontina |
870 mg |
561 mg |
Caciocavallo |
869 mg |
590 mg |
Caciotta |
750 mg |
600 mg |
Gorgonzola |
612 mg |
356 mg |
Stracchino |
565 mg |
374 mg |
Mozzarella |
403 mg |
239 mg |
Ricotta |
275 mg |
270 mg |
Ostriche |
185 mg |
270 mg |
Tuorlo d’uovo |
147 mg |
586 mg |
Polpo |
144 mg |
190 mg |
Latte scremato |
122 mg |
97 mg |
Yogurth |
120 mg |
90 mg |
Latte intero |
119 mg |
93 mg |
Carciofi |
86 mg |
67 mg |
Spinaci |
78 mg |
62 mg |
Arance |
49 mg |
25 mg |
Piselli |
47 mg |
100 mg |
Lattuga |
45 mg |
30 mg |
Carote |
44 mg |
37 mg |
Tonno |
38 mg |
264 mg |
Salame |
35 mg |
225 mg |
Mandarini |
33 mg |
215 mg |
Asparagi |
25 mg |
70 mg |
Merluzzo |
25 mg |
194 mg |
Tacchino |
23 mg |
1270 mg |
Margarina |
20 mg |
16 mg |
Prosciutto crudo |
20 mg |
177 mg |
Marmellata |
18 mg |
7 mg |
Pasta |
17 mg |
165 mg |
Pompelmo |
17 mg |
16 mg |
Albicocche |
16 mg |
16 mg |
Burro |
15 mg |
16 mg |
Pane |
15 mg |
73 mg |
2) FOSFORO
Un altro elemento importante per
tenere il più possibile lontana la malattia è il fosforo. Questo
minerale, infatti, favorisce il mantenimento della massa ossea. I fosfati, di
cui fa parte, rappresentano forse da soli, il più importante costituente
minerale indispensabile per le attività cellulari e il tessuto osseo ne è un
deposito che ne contiene un’enorme quantità.
Non bisogna, poi, dimenticare di bere
molta acqua che forse non tutti sanno essere ricca di calcio.
Naturalmente dipende dal tipo di acqua che si beve: quella oligominerale ha
pochi minerali, mentre la minerale apporta elevate quantità di sostanze
benefiche tra le quali il calcio. Per sapersi orientare basta cercare
sull'etichetta il simbolo Ca++, che indica quanto calcio è presente
nell'acqua.
Ultimo accorgimento, ma per questo non meno importante, è di non eccedere con
il consumo di bevande alcoliche. L'alcool, infatti, agisce sul metabolismo
dell'osso favorendo l'azione negativa degli osteoclasti, a discapito di
quella positiva degli osteoblasti. In più impedisce l'assorbimento del calcio
da parte dell'organismo.
· non
temere il sole: l'esposizione ai raggi solari facilita, infatti, la
sintesi della vitamina D, la quale facilita l'utilizzazione del calcio; la luce
solare, infatti, è in grado di stimolare l'organismo a produrre vitamina D.
Questa svolge molte funzioni importanti per la salute dell'osso. La principale
riguarda: un miglior assorbimento del fosforo e del calcio, a livello
intestinale, indispensabili alla salute delle ossa;
Praticare con
regolarità un'attività fisica: camminare e fare mezz'ora di
ginnastica al giorno contribuiscono a mantenere non solo la linea, ma anche
la massa ossea. Sollecitazioni causate dall'esercizio stimolano il metabolismo
osseo e quindi favoriscono un maggior sviluppo della massa scheletrica. Per
tale motivo gli atleti presentano valori molto elevati di densitometria ossea e
quindi, negli anni successivi, potranno far fronte al fisiologico
depauperamento osseo partendo da depositi piu' consistenti.
L'abitudine a muoversi è fondamentale
per prevenire malattie da depauperamento osseo. Le persone che vanno in
palestra, infatti, incorrono in misura minore nell'osteoporosi. Pertanto, la
persona sedentaria, potra' dotarsi di un consistente "magazzino" a cui
attingere se pratichera' regolarmente una attivita' motoria, non
necessariamente a livello agonistico ma più ragionevolmente a livello
amatoriale. Gli sports migliori da praticare sono la ginnastica dolce, la
bicicletta e le passeggiate a passo sostenuto su terreni pianeggianti. Va
sottolineato, però, che anche l'esercizio fisico, se svolto male e in quantità
eccessiva, può essere dannoso. Per quanto riguarda invece l’opportunità di
rivolgersi a palestre che esercitino ginnastica per anziani è necessario fare
una raccomandazione importante. È conveniente rivolgersi a personale
altamente qualificato che conosca a fondo il problema osteoporosi e che quindi
non sottoponga l'organismo a sollecitazioni eccessive che potrebbero avere un
effetto controproducente. Prima di intraprendere una qualsiasi attivià fisica,
anche moderata come la ginnastica dolce per gli anziani, sarànecessario
rivolgersi al proprio medico curante, che potrà fare una valutazione adeguata
sullo stato generale di salute e soprattutto sulla situazione dell’apparato
cardio-circolatorio che viene maggiormente sollecitato da qualsivoglia
esercizio fisico. Una volta escluse eventuali problematiche di carattere
organico che potrebbero controindicare l’attività fisica, bisogna effettuare
una moderata attività con esercizi atti a fornire al tessuto osseo una
stimolazione moderata, in senso compressivo, intermittente, prolungata nel
tempo. Come verrà spiegato con maggiore dettaglio in seguito, con i corretti
movimenti eseguiti in palestra, si tratta di sfruttare l'effetto
piezoelettrico dei cristalli di calcio che, sottoposti a tensione meccanica
alternata, generano variazioni delle cariche elettriche all'interno del
tessuto osseo.
Si verifichera' quindi una stimolazione positiva del metabolismo cellulare ed in
ultima analisi ritardare la perdita minerale ossea, condizione improrogabile
con l'avanzare dell'eta'. La revisione della letteratura internazionale sembra
evidenziare come miglior stimolo possibile, atto a scatenare l’effetto
piezoelettrico, la forza muscolare trasmessa tramite i tendini al tessuto osseo
durante la contrazione. Importante e' poi evitare sovraccarichi eccessivi che
possano risultare dannosi per l'apparato osteo- articolare; bisogna invece
fornire al tessuto osseo una stimolazione moderata, in senso compressivo,
intermittente, prolungata nel tempo. Dal punto di vista posturale il nemico da
combattere e' l'insorgenza di cifosi dorsale; ecco perché esercizi di
riequilibrio e di educazione a mantenere posture corrette troveranno
indicazione;
· non
dimagrire oltremisura né troppo rapidamente.
Indicazioni terapeutiche:
Gli interventi terapeutici dell’osteoporosi sono essenzialmente di due tipi:
uno motorio e l’altro farmacologico.
Una volta che l’osteoporosi si è
sviluppata nel patrimonio osseo oltre a cambiare lo stile di vita e a
prediligere cibi con adeguati contenuti di calcio si dovrà agire programmando
una appropriata attività fisica e somministrare al paziente un idoneo
trattamento farmacologico che contrasti l’indebolimento delle ossa.
Tabella riassuntiva
RAGGIUNGERE UN BUON LIVELLO
DI MASSA OSSEA
|
· Regolare svolgimento
di attività fisica |
· Apporto adeguato di
calcio
(1500 mg/die
nell’adolescenza – 1000 mg/die nell’adulto) |
· Buona esposizione
alla luce solare |
· Mantenimento di
normale peso corporeo |
· Abolizione del fumo |
· Limitazione consumo
di alcolici |
Il piano
di attività motorie dell'anziano prevede essenzialmente un
programma di rieducazione motoria finalizzato al movimento; fargli vivere
l'esperienza del movimento come un piacere; fargli conoscere meglio il
proprio corpo per una sua migliore utilizzazione; facilitargli la comunicazione
interpersonale e la socializzazione; migliorargli l'equilibrio metabolico,
l'attività ludica ed eventualmente quella lavorativa. Gli esercizi, sempre di
ginnastica dolce, possono essere attivi e passivi e l'allineamento
posturale e la mobilizzazione passiva, mirano ad evitare posizioni viziate,
contratture, rigidità muscolari. Servono anche per fornire stimoli per la
riscoperta del proprio corpo e della sua funzione. Il miglioramento del tono
muscolare, e il recupero del movimento, facilitano la circolazione del sangue,
aumentano la frequenza cardiaca, la gittata sistolica, il flusso coronarico ed,
in misura minore, anche quello cerebrale. Viene inoltre aumentata la
ventilazione polmonare; si rinforzano pertanto le ossa riducendo i rischi
dell'osteoporosi e si migliorano tutte le condizioni generali.
I provvedimenti terapeutici mediante
l’esercizio fisico da effettuare in idonee strutture riabilitative hanno la
possibilità di affiancarsi all’azione dei farmaci, integrandone e spesso
potenziandone gli effetti.
Il programma riabilitativo del
paziente osteoporotico si prefigge due scopi:
1. promuovere quell’idoneo
esercizio fisico , utile per stimolare la deposizione ossea mediata dagli
osteoblasti, con ginnastica dolce tenendo conto della ridotta attitudine
funzionale dell’anziano e della moderata resistenza allo sforzo legata all’età.
Va attuata un’attività motoria che eviti di produrre affaticamento,
rinunciando altresì allo spirito agonistico frequentemente trasmesso
dall’attività fisica. Occorre perdipiù abolire quei movimenti o quelle
metodiche che inducono dolore o, spesso, mal sopportate dal paziente per
rigidità articolari, legate a fenomeni artrosici dell’età.
2. recuperare funzionalità
avvalendosi di tutti i protocolli riabilitativi nelle complicanze della
malattia, vale a dire le fratture ed i loro postumi.
L’intervento riabilitativo
si prefigge di rendere valida e potenziare la muscolatura, specie quella
deputata al sostegno; migliorare l’articolarità dei vari segmenti ossei
cercando di ripristinare, per quanto possibile, la mobilità articolare. Prima
di intraprendere un corretto trattamento motorio occorrerà tenere presenti
tutte le componenti del quadro sintomatologico:
· l’insorgenza del dolore;
· la progressiva deformità della
colonna vertebrale;
· la perdita del tono e del
trofismo muscolare;
· la diminuzione della motricità
complessiva;
· la comparsa di manifestazioni
involutive a carico di funzioni e organi viscerali.
In linea di massima, se non sussistono
particolari problemi, non si ritiene indispensabile il trattamento
individuale, ma un lavoro in gruppo. Sarà comunque opportuna la
personalizzazione degli esercizi, individuando per ciascuno le attività motorie
più idonee, evitando così esercizi collettivi che superino le capacità motorie
quindi limitando i carichi di lavoro e riducendo le difficoltà esecutive di un
esercizio, se necessario; si potranno così sviluppare al massimo le
potenzialità di ciascuno evitando le frustrazioni che derivano
dall’impossibilità ad eseguire un esercizio.
Sarà opportuno insegnare quelle
metodiche utili per il controllo del tronco e, in ultima analisi, di tutto il
corpo nelle situazioni più differenti. Occorrerà potenziare gli stimoli
esterocettivi, sviluppando la sensibilità della pianta del piede e facendo
eseguire spesso esercizi ad occhi chiusi. Questo al fine di prevenire le cadute
determinate da uno scarso controllo del proprio corpo.
Dal punto di vista della postura
bisogna contrastare l’insorgenza della grave cifosi dorsale responsabile di
alterazioni di posizione di testa e collo responsabili di rachialgie. Ciò con
esercizi di correzione dell’atteggiamento anomalo, con esercizi di
potenziamento della muscolatura estensoria del tronco, e infine con esercizi
respiratori che comportino la rieducazione dell’apparato respiratorio e della
cassa toracica
Pertanto dovrà essere posta
particolare cura all’esecuzione degli esercizi respiratori, in parte per
finalità educative, in parte per localizzare meglio gli esercizi su alcuni
gruppi muscolari.
Saranno proposti altresì esercizi
isometrici, isotonici a carico naturale o con piccoli pesi e a resistenza
elastica progressiva.
E’ importante in assoluto evitare
carichi eccessivi che possono risultare dannosi per l’apparato
osteo-articolare, ma fornire una stimolazione moderata, in senso compressivo,
intermittente e prolungata nel tempo.
Oltre al lavoro effettuato in una
palestra riabilitativa sotto il controllo del fisioterapista, occorrerà
insegnare, ai pazienti in trattamento, un lavoro da effettuare a casa in
associazione con gli esercizi codificati. Questo potrà essere anche ripetuto
quando il trattamento istituzionale verrà terminato.
Più che la ripetizione degli esercizi
eseguiti sotto il controllo del fisioterapista è un lavoro di tipo ergonomico e
di economia articolare che si associa al precedente. Quale per esempio: fare
le scale, stringere e roteare con le mani delle palline da tennis o di
plastilina, controllare la postura corretta di fronte ad uno specchio e
correggere gli atteggiamenti anomali, mantenere posizioni sedute a terra
davanti al televisore o leggendo etc.
MOTIVAZIONI DELL’UTILITA’
DELL’ESERCIZIO FISICO
NELLA CURA DELL’OSTEOPOROSI
Il concetto di base per un
piano di lavoro corretto nella cura con esercizi fisici per questa malattia è di
creare una stimolazione meccanica dinamica sull’osso per favorire
quell’importante fenomeno fisiologico che è l’effetto piezoelettrico dei
cristalli di calcio.
Tale fenomeno favorisce l’attività
degli osteoblasti, le cellule deputate alla neoapposizione ossea che
contrastano, perciò, l’osteoporosi.
Tale effetto piezoelettrico
dei cristalli di calcio, sottoposti a tensione meccanica alternata,
determina la generazione da parte di questi di variazioni delle cariche
elettriche all’interno del tessuto osseo. Si verifica, in conseguenza di ciò,
una stimolazione positiva del metabolismo cellulare, facilitando la deposizione
ossea e ritardando la perdita di minerale, presupposto della malattia
osteoporotica che progredisce con l’avanzare degli anni. La deposizione di osso
avviene nei punti nei quali il carico agisce e sembra dovuta appunto all’effetto
piezoelettrico. Piccole quantità di corrente percorrono l’osso dove viene
svolta l’attività compressiva; si provoca pertanto un’attività osteoblastica
+o- intensa in relazione alla stimolazione effettuata laddove si manifesta il
flusso di corrente; le cellule osteoblastiche sono infatti sensibili a detta
stimolazione elettrica.
E’ noto altresì come lo stimolo più
efficace alla genesi di tale effetto sia provocato dalla forza muscolare
trasmessa tramite i tendini al tessuto osseo durante la contrazione.
In ultima analisi bisogna ricordare
che la rieducazione motoria dovrà consistere nell’esecuzione di esercizi dolci
in grado di indurre l’attività osteoblastica evitando in assoluto gli esercizi
pesanti o il sollevamento di carichi eccessivi, inappropriati per un soggetto
anziano. Questi esercizi potrebbero risultare dannosi per l’apparato
osteo-articolare, ottenendo pertanto un effetto nocivo, non in linea con gli
obiettivi prefissati e, in ultima analisi, la ricerca del vantaggioso
effetto piezoelettrico, sarebbe vanificata dalle sequele controproducenti
dell’attività motoria.
D'altro canto
l'intervento farmacologico per frenare la
perdita di massa ossea e prevenire il più possibile l'incidenza delle fratture
dovrà essere attuato in maniera razionale e dovrà essere intrapreso non appena
gli esami diagnostici abbiano confermato questa patologia ossea. La terapia
farmacologica non si è dimostrata in grado di ripristinare in tempi
sufficientemente brevi la massa ossea normale, per cui una volta superata la
soglia di frattura, un individuo rischia seriamente di procurarsi una
frattura, qualsiasi trattamento abbia intrapreso. Ciò deve essere spiegato
attentamente al paziente; la presa di coscienza dell’entità del deficit e
dell’impossibilità di ripristinare la massa ossea in tempi ragionevolmente
brevi, permette di favorire il trattamento medico a lungo termine ma soprattutto
consente di impedire al paziente quelle azioni, anche di modesta entità, che
potrebbero provocargli una frattura.
I trattamenti farmacologici possono
agire su tre differenti momenti patogenetici dell'osteoporosi:
1. riducendo il riassorbimento
osseo mediato dagli osteoclasti;
2. stimolando la neoformazione
ossea realizzata dagli osteoblasti;
3. stimolando l'assorbimento
intestinale del calcio che sappiamo essere deficitario fisiologicamente
nell’anziano.
La terapia perciò si basa
fondamentalmente su questi punti:
- terapia sostitutiva
con estrogeni/progestinici |
- terapia calcica per
via orale |
- terapia con vitamina
D |
- terapia con
anabolizzanti orali |
- terapia ormonale
(calcitonina) |
- terapia con fluoruro
di sodio |
- terapia con
bifosfonati |
La terapia sostitutiva
con estrogeni rappresenta una
strategia terapeutica ampiamente codificata per rallentare il turnover osseo
postmenopausale. Possiamo confermare con certezza l'efficacia degli
estrogeni per impedire la perdita ossea postmenopausale e per ridurre
l'incidenza di fratture negli anni successivi.
Perciò la terapia ormonale sostitutiva
va considerata il trattamento di prima scelta
nella prevenzione dell'osteoporosi negli anni immediatamente successivi
alla menopausa, quando non vi siano evidenti controindicazioni. Comunque deve
essere evitato l'uso di soli estrogeni per il rischio di carcinoma
dell'endometrio. Rischio che diviene più basso se si associa un progestinico.
In conclusione la terapia con
estrogeni appare tanto più efficace quanto più venga istituita in maniera mirata
instaurandola precocemente e continuandola a lungo.
La somministrazione di
sali di calcio nella prevenzione e
nella terapia dell'osteoporosi è giustificata dal ridotto apporto dietetico
dell'individuo anziano, cui si associa una relativa inefficacia
dell'assorbimento intestinale.
Per questo motivo sono richieste dosi
elevate se la terapia è basata solo sul calcio per via orale.
La
vitamina D viene utilizzata da molti anni nelle forme
tradizionali della vitamina D2 e D3. Oggi si dispone anche di alcuni metaboliti
attivi del colecalciferolo verso cui è diretto l'interesse delle ricerche più
recenti.
La vitamina D aumenta l'assorbimento
intestinale di calcio a cui si associa però il potenziale rischio di aumento
significativo della calcemia.
Comunque, bisogna ricordare che,
nessuno studio ha dimostrato che la vitamina D, somministrata senza
associazioni terapeutiche, prevenga la perdita ossea nei primi anni di
menopausa, mentre alcuni risultati positivi sono stati osservati nella
terapia con i metaboliti attivi della vitamina D, in associazione ad altre
terapie.
In uso da molti anni sono i farmaci
anabolizzanti. Il prototipo
di farmaco più usato è il nandrolone decanoato. L'effetto osseo appare
essere realizzato soprattutto attraverso lo stimolo dell'attività
osteoblastica.
Uno dei pochi farmaci di cui sia
stata dimostrata la capacità di stimolare l'attività osteoblastica è il
fluoruro di sodio. Il suo impiego
nasce dall'osservazione che nell'intossicazione da fluoro è presente una
caratteristica iperdensità scheletrica. E' stata però segnalata una
ritenzione di calcio e una complicanza malacica. La complicanza malacica può
essere debellata con l'associazione di sali di calcio e vitamina D.
Il farmaco la cui efficacia è stata
documentata nella terapia di questa forma morbosa è la
Calcitonina.
Agisce in virtù della sua capacità di
ridurre il riassorbimento osseo tramite il legame a recettori specifici
sulla superficie degli osteoclasti.
Sebbene l'azione ossea principale si
traduca in una riduzione del riassorbimento osteoclastico, alcuni dati
suggeriscono la possibilità che esista un effetto di stimolazione della
neoformazione ossea.
Una recente forma terapeutica
suggerisce l'uso deiBifosfonati .
I
Bifosfonati sono stati sviluppati inizialmente come
pirofosfati resistenti all'idrolisi enzimatica al fine di inibire il
riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti. Anche questi farmaci, da anni
ormai in commercio con buoni risultati, hanno dimostrato una discreta validità
terapeutica.
Come indicazione
farmacologica alla terapia del dolore, andranno usati i classici
analgesici semplici o si otterrà una buona risposta dalla somministrazione
di antiflogistici non steroidei (F.A.N.S.). Questi andranno somministrati per
via generale comunemente mediante la via orale o, nei casi più importanti, per
via parenterale con le iniezioni intramuscolari o endovenose, se necessario.
Trovano indicazione anche perché vanno a curare le flogosi ricorrenti tipiche
dell’artrosi poliarticolare associata. Va fatto uso di questi farmaci nella
fase acuta e subacuta, in quanto la malattia presenta caratteristiche fasi di
acuzie, alternate a periodi di remissione più o meno lunghi. Comunque rimane
fondamentale somministrarli soltanto per brevi periodi di tempo, in quanto
provvisti di effetti collaterali non trascurabili se si eccede sia con i tempi
che con le dosi.
Di recente
introduzione nel mercato sono dei farmaci antiflogistici dotati di maggiore
tolleranza, la cui somministrazione potrebbe essere prolungata per qualche
tempo.
Anche per questi farmaci, la cui
risposta appare valida, occorre un più prolungato follow-up prima di confermare
la loro validità terapeutica.
Le
terapie fisiche
troveranno indicazione sempre e soltanto nei periodi di acuzie della malattia,
in quanto non posseggono un effetto preventivo, ma soltanto curativo. Molti di
questi pazienti, poliartrosici e osteoporotici, sono indotti, erroneamente, a
desiderare la ripetizione indiscriminata della terapia con mezzi fisici; questo
perché hanno la convinzione di star meglio ripetendo esageratamente le cure
fisiche prescritte. Inoltre si autoconvincono che eseguirle, anche in assenza
del dolore, indurrà una riduzione della sintomatologia dolorosa quando,
inesorabilmente, si ripresenterà.
Grande confusione
sembra regnare in quest'ambito. Prescrizioni spesso non mirate, le aspettative
del paziente e la sua richiesta quasi routinaria di "fare un po' di
fisioterapia per i dolori", generano un numero di prestazioni spropositato,
rispetto alle reali necessità, con inutili costi sanitari e liste di attesa
spesso chilometriche, senza, soprattutto, che ci sia una reale motivazione.
Bisogna infine aver
bene presente che l’uso prolungato di talune terapie fisiche induce tolleranza,
vanificandone gli effetti e rendondo inutile la loro prescrizione.
Termoterapia
endogena
Sono indicate terapie
fisiche generanti termoterapia endogena, quali la radarterapia
e la marconiterapia.
Queste termoterapie
sfruttano l'erogazione di microoonde il cui effetto principale è la produzione
endogena di calore.
Nel paziente
poliartrosico e osteoporotico il calore che esse provocano infatti si traduce
nell’induzione di molte azioni biologiche che si concretizzano nella :
·
attivazione del metabolismo: il metabolismo tissutale aumenta e si assiste
a cambiamenti delle reazioni enzimatiche;
·
sudorazione;
·
iperventilazione;
· aumento
attività cardiaca, con conseguenti azioni antalgiche, sedative,
decontratturanti, vasomotorie, stimolanti il metabolismo dei tessuti;
· riduzione
della rigidità articolare:
Il calore è in grado di modificare le proprietà fisiche dei tessuti fibrosi sia
delle strutture tendinee che capsulo-legamentose. Dopo riscaldamento questi
tessuti cedono maggiormente allo stiramento, contrastando i processi di
anchilosi e di retrazione fibrotica;
· riduzione
dello spasmo muscolare:
si ritiene che l'attività miorilassante si verifichi attraverso due livelli
di intervento: il primo sui fusi neuromuscolari, che il calore rende meno
sensibili allo stiramento; cui consegue il rilasciamento muscolare. Il secondo,
per via riflessa, attraverso lo stimolo dei termorecettori cutanei, che
implicherebbe l'intervento di un controllo centrale sullo stesso meccanismo;
· aumento del
flusso di sangue:
la dilatazione arteriolare e capillare causa una iperemia attiva, generata
da meccanismi sia diretti che riflessi.
Elettroanalgesia
Altre terapie fisiche,
indicate nel contenimento della sintomatologia dolorosa, sono quelle
elettroantalgiche, cioè basate sulla stimolazione elettrica dei tessuti.L'effetto
analgesico sarebbe dovuto, almeno in parte, ad una soppressione del segnale
doloroso, andando ad agire direttamente sulle fibre che portano
quest'informazione al sistema nervoso centrale (SNC) e sugli scambi di tipo
ionico che avvengono nelle interfacce biologiche.
Su queste basi
è stata proposta, con successo, la
stimolazione elettrica della cute, dei nervi periferici o dei cordoni dorsali,
allo scopo di attivare le grosse fibre afferenti e vincere così il dolore
d'origine periferica. Infine ricordiamo
come l'elettroanalgesia nelle forme croniche non sostituisca la terapia
farmacologica, ma la integri efficacemente.
L'elettroanalgesia può essere considerata una
vera e propria terapia di fondo del dolore di questi anziani pazienti e non
soltanto un rimedio sintomatico.
Per ottenere questo tipo di effetto si
usano terapie fisiche quali le correnti diadinamiche, le correnti
interferenziali e la T.E.N.S.
Le
correnti diadinamiche sono un gruppo di
correnti iterative di bassa frequenza che, oltre allo scopo antalgico per cui
vengono usate in queste circostanze, possiedono tre effetti biologici:
1. un effetto di
stimolazione sulla sensibilità, sull'attività muscolare, sul trofismo;
2. un effetto
inibitorio sulla sensibilità e sulla contrazione muscolare, con diminuzione
delle contratture;
3. una reazione
di assuefazione, che porta all'annullamento dell'azione biologica, che compare
molto rapidamente con correnti d'intensità e frequenza costanti.
La
T.E.N.S. (Transcutaneus
Elettrical Nerve Stimulation) è un' elettrostimolazione
con impulsi analgesici a basso voltaggio. Agisce stimolando le fibre di maggior
calibro, innescando il fenomeno del “cancello” ("gate control theory").
L'effetto analgesico può essere infatti ricondotto:
-
Ad una inibizione
degli stimoli nocicettivi a livello spinale ("gate control theory")
-
All'attivazione di
sistemi inibitori discendenti
-
Alla liberazione
di sostanze oppioidi endogene
-
Ad un blocco degli
impulsi nocicettivi
Le correnti
interferenziali
Le correnti
interferenziali vengono applicate mediante una coppia di elettrodi posti
ortogonalmente tra di loro, in modo da fare incrociare, a livello della parte
da trattare, le linee di forza dei due campi elettrici.
Hanno un forte effetto
antalgico oltre alla possibilità di indurre un effetto eccitomotorio.
Si ottengono utilizzando due generatori di corrente alternata di media
frequenza, collegate a due coppie di elettrodi disposte ortogonalmente. Tali
correnti di media frequenza incontrano meno resistenza nell'attraversare i
tessuti e possono penetrare più facilmente, senza cedere energia a livello
cutaneo e senza creare sensazioni fastidiose.
Si usano quattro elettrodi disposti in modo da incrociarsi e sovrapporsi nella
regione da trattare.
Come è già stato accennato si può ottenere un effetto prevalentemente
analgesico, o un effetto eccitomotorio.
Ma è proprio per l’importante effetto antalgico che vengono usate.
Magnetoterapia
La magnetoterapia
viene da alcuni impiegata nelle patologie dolorose da artrosi e osteoporosi
nell’anziano, in virtù dei postulati effetti antiedemigeni ed antinfiammatori.
Promuove altresì un’accelerazione del metabolismo cellulare, con netta azione
biorigenerante, antinfiammatoria, atiedematosa e antalgica.
Si tratta di una
particolare terapia fisica che utilizza apparecchiature generanti campi
magnetici a bassa intensità. Che i campi magnetici possano interagire con i
sistemi biologici è ormai cosa certa. Tale terapia fisica ha lo scopo di
ridurre gli stimoli dolorosi, inducendo una riduzione della contrattura
muscolare.
Conclusioni
Non si può affermare
che esista un'unica terapia standardizzabile dell'osteoporosi.
Molteplici sono gli
aspetti di cui bisogna necessariamente tenere conto: situazioni endocrine,
situazioni metaboliche ed ambientali, stile di vita, alimentazione, attività
fisica.
Rimane sempre
imprescindibile e di fondamentale importanza il fattore preventivo;
questo perché non esistono metodi sicuri ed efficaci che consentano allo
scheletro di recuperare tessuto osseo in quantità elevata. Bisogna, perciò,
ricercare ed eliminare tutti i fattori aggravanti che possano concorrere ad
aumentare il rischio di perdita minerale ossea.
Pertanto, la
valutazione del paziente deve essere approfondita, anche sotto il profilo
metabolico ed endocrino, prima di intraprendere la terapia.
Rimane assodato
che il fattore preventivo trova nell’attività motoria, svolta in modo razionale,
il rimedio più efficace ed innocuo al fine di evitare quel depauperamento osseo
che s’instaura fisiologicamente con l’invecchiamento.
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